curiosità stroriche padovane  1°

BATI MARSO

Molti ricordano la festa del Bati Marso, sopratutto le persone in età avanzata, e credono si tratti, superficialmente, solo di un rito così, come tanti altri, una specie di festa di primavera con il solo intento di far scappare via l'inverno ed il freddo e propiziare l'arrivo della bella stagione e poter cominciare i lavori in campagna. Pochi sanno, in realtà, che nell'usanza del Bati Marso sopravvivono i festeggiamenti per il Capodanno Veneto. Nell'antichità, per i veneti, l'anno cominciava il 1° Marzo. Gennaio e Febbraio erano sempre stati, per tutta la millenaria vita della Serenissima Repubblica, gli ultimi mesi dell'anno e non i primi. Può sembrar strano, ma in realtà ad essere sbagliato è il calendario ufficiale, nel quale un mese che porta il nome di Settembre è il nono, Ottobre il decimo, Novembre l'undicesimo e Dicembre il dodicesimo. Se si fa iniziare l'anno con Marzo, tutto ritorna in ordine come per incanto: Settembre il settimo mese, Ottobre l'ottavo, Novembre il nono, Dicembre il decimo. Il calendario Veneto lo usavano anche gli antichi romani prima di Giulio Cesare, l'antichità del Capodanno Veneto, come quello cinese, si nota anche da tutto questo, un calendario che:rispettava il ritmo naturale delle cose: l'anno nuovo iniziava all'alba . della Primavera insieme ali risveglio della natura. Secondo la tradizione veneta i festeggiamenti per il Capodanno del 1 Marzo non duravano soltanto un giorno, gli auguri si facevano gli ultimi tre giorni di febbraio, cioè gli ultimi giorni dell'anno e si estendevano sino al nono giorno di Marzo.

Vegnì fora zente, vegnì
vegnì in strada a far casoto,
a bàtare Marso co coerci, tece
e pignate!
A la Natura dovemo farghe corajo,
sigando e cantando,
par svejar fora i spiriti de la tera!
Vegnì fora tuti
bei e bruti.
Bati, bati Marso
che 'l mato va descalso,
femo casoto fin che riva sera
e ciamemo co forsa ea Primavera!
Vegnì fora zente, vegnì fora!!!!

Origini storiche del Bati Marso
Nelle regioni temperato-fredde era naturale associare la ruota della vita a quella delle stagioni.
Il periodo invernale, talvolta lungo e freddo, con poca luce, era un tempo di attesa, rintanati nelle casupole, o possibilmente nelle stalle, a "far filò".

La vegetazione sembrava morta e induceva una profonda malinconia negli animi, particolarmente in novembre, segnato dal "giorno di morti"; ma alla fine di dicembre si era nell'attesa della rinascita, e nei giorni che seguivano il solstizio d'inverno si percepiva l'aumento progressivo della luce, indicandone, anche in senso ottimistico la quantità: "Da Nadal on passo de gal, da la Vecéta un'oreta" (nella versione più realistica "on passo de muséta").

Inoltre, il desiderio del tepore era tale, da indurre a formulare previsioni contrastanti:
"Sant' Antonio, se no gh'è el giazzo el lo fa, se el gh'è el lo desfa" (S. Antonio abate – 17 gennaio); "San Sebastian co la viola n man" (S. Sebastiano – 20 gennaio); "Per San Paolo, el giasso va al diavolo" (Conversione di S. Paolo – 25 gennaio); "Candelora nuvolora, de l'inverno semo fora" (S. Maria V. della Ceriola – 2 febbraio), e di questo tono diversi detti.

È proprio negli ultimi due giorni di febbraio e nel primo marzo che il desiderio si trasforma in attesa della buona stagione. La vegetazione sta per risvegliarsi; si vorrebbe quasi aiutarla e si scatena così il batimarso, segnato dal baccano prodotto con la percussione di lamiere, bidoni, pignatte e ogni genere di oggetti metallici, ritmato con filastrocche su marzo, usuali di ogni luogo, da parte dei giovanotti del paese.

Esso era praticato in quasi tutto il Veneto (particolarmente nella fascia montana,ove poteva attardarsi anche all'ultimo di marzo, a causa del freddo e della neve) nel Trentino, in Friuli e in alcune altre località del nord Italia, con indicazioni diverse: osade de marso, ciamare marso, tratomarso, batar marso, batar l'erba, criar marso, incontrar marso, movar incontro a marso, brusamarso, Kalendimarso, batare i pulzi ecc.

Questa tradizione aveva profonde radici nel tempo, e probabilmente come tante che segnavano i passaggi di stagione e i giorni degli equinozi e dei solstizi ( Natale, Epifania, S. Giovanni,ecc.), risalivano alla preistoria. A Roma. Nel giorno prima del plenilunio che si manifestava dopo il primo di marzo, anticamente corrispondente all'inizio dell'anno (come nei territori della Repubblica di Venezia), un uomo vestito di pelli, chiamato Mamurio Veturio (il vecchio marte), che significava il marzo dell'anno precedente era cacciato fuori della città a bastonate (vedi J.G. Frazer, Il ramo d'oro). Si potrebbe quindi trovare una corrispondenza con il nostro batimarso e anche con il brusar carnevale.

È il caso anche di puntualizzare che marte originariamente era il dio della vegetazione e che più tardi, essendo il mese nel quale si radunavano i guerrieri (Campo di Marte, donde il toponimo Campomarzo di Lendinara), prima di andare a saccheggiare e ad invadere, divenne dio della guerra. Si può supporre che in seguito si siano associati i cosiddetti maridozi, probabilmente perché erano un po' di conseguenza di quest'esplosione giovanile del batimarso. Consistevano in grida di proposte in burlesco di abbinamento matrimoniale, sempre la sera del primo marzo, sotto la casa delle giovani da marito. (prof. Camillo Corrain Presidente del Gruppo Bassa Padovana)

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